L’inquinamento è tutto ciò che è nocivo per la vita o altera in maniera significativa le caratteristiche fisico-chimiche, nonché la biodiversità, dell’acqua, del suolo o dell’aria, tale da cambiare la struttura e l’abbondanza delle associazioni dei viventi o dei flussi di energia sulla Terra. Tra le sfide del nostro tempo c’è sicuramente la necessità di intraprendere azioni urgenti contro l’impatto antropico sulle matrici ambientali che includano tecnologia, innovazione e multidisciplinarietà. Il risanamento ambientale riguarda le azioni volte a ripristinare le condizioni di una matrice ambientale contaminata e riqualificarla per restituirla alla originaria destinazione d’uso. L’ingegneria chimica e ambientale offrono una vasta gamma di processi per attenuare le concentrazioni degli inquinanti ed includono sia trattamenti chimici e/o fisici che trattamenti biologici. I primi sono quelli più comunemente applicati, mentre i trattamenti biologici in situ sono ancora utilizzati solo marginalmente, sebbene si stiano imponendo tra le biotecnologie consolidate ed efficaci anche per applicazioni su campo. Rimane comunque necessario aumentare l’utilizzo di trattamenti biologici in situ, fornendo nuove tecnologie bio-based ad alte prestazioni in grado anche di adattarsi ai modelli di economia circolare.
In questo contesto, lo sviluppo e l’applicazione su campo di tecnologie di bonifica biologica – meglio definito come biorisanamento – sono quanto mai necessarie. Il biorisanamento è una strategia di risanamento ambientale che sfrutta le capacità di alcuni microorganismi di degradare gli inquinanti utilizzandoli per il loro metabolismo o in alcuni casi di trasformarli in sostanze meno tossiche di quelle di partenza. Queste capacità biodegradative rendono i microorganismi una risorsa preziosa per il risanamento ambientale, in particolar modo quando il loro utilizzo è integrato in una tecnologia innovativa e sostenibile.
Il biorisanamento prevede diversi approcci quali l’attenuazione naturale, la biostimolazione o la bioaugmentation. L’attenuazione naturale prevede che ci siano dei processi biodegradativi in corso nel sito contaminato mediati da microorganismi già presenti e attivi nella matrice impattata. La biostimolazione invece prevede la stimolazione dell’attività dei microorganismi già presenti nella matrice impattata mediante aggiunta di ammendanti (es. donatori di elettroni, nutrienti, vitamine ecc). Diversamente, le strategie di bioaugmentation richiedono l’aggiunta di microorganismi specializzati direttamente all’interno del sito contaminato per stimolare la biodegradazione degli inquinanti nella matrice impattata.
Qualunque sia la strategia di biorisanamento adottata per un determinato sito contaminato, il biomonitoraggio è necessario ed è inteso come l’insieme di attività volte a definire le potenzialità di recupero di un sito contaminato in diverse fasi di un intervento di bonifica in situ. Il biomonitoraggio prevede la caratterizzazione della matrice impattata mediante l’identificazione delle componenti della comunità microbica (microbioma) e delle loro potenzialità metaboliche, e soprattutto attraverso l’identificazione e la quantificazione di specifici biomarcatori, ossia di microrganismi specializzati nei processi biodegradativi e dei geni funzionali, direttamente coinvolti nelle reazioni che consentono la trasformazione dei composti tossici.
Il biomonitoraggio ha assunto un ruolo chiave nelle procedure di bonifica biologica in quanto consente di fare una valutazione predittiva del potenziale di biorecupero di un sito contaminato nonché di supportare la valutazione del miglior approccio di biorisanamento da seguire. In particolare, il biomonitoraggio è necessario in tutti i passaggi di un intervento di bonifica biologica, dalla caratterizzazione preliminare del sito contaminato, alla valutazione di fattibilità mediante studi di microcosmo, nonché durante l’intervento stesso di bonifica per valutarne l’efficacia in itinere.
FIGURA 1. IL BIOMONITORAGGIO È FONDAMENTALE IN TUTTE LE FASI DI UN INTERVENTO DI BONIFICA, DALLA CARATTERIZZAZIONE PRELIMINARE DEL SITO CONTAMINATO, AGLI STUDI DI FATTIBILITÀ, ALLA SCELTA DELLA STRATEGIA DI BONIFICA FINO AL MONITORAGGIO DELL’EFFICACIA DELL’INTERVENTO STESSO DI BIORISANAMENTO.
Al fine di eseguire un efficace, rapido ed affidabile biomonitoraggio, è necessario ricorrere all’utilizzo di strumenti biomolecolari che prevedono diversi livelli di analisi del DNA o dell’RNA di microorganismi di interesse per il biorisanamento. Nonostante gli studi coltura-dipendente, i quali prevedono quindi la coltivazione in scala di laboratorio di microorganismi a partire da matrici contaminate, rappresentino ancora una risorsa importante ed imprescindibile nel settore della microbiologia ambientale, l’avvento delle scienze cosiddette “omiche” (che includono la (meta)genomica, (meta)trascrittomica, (meta)proteomica, (meta)metabolomica ecc) ha fortemente contribuito ad identificare e quantificare i biomarcatori nelle matrici ambientali contaminate, nonché di valutare globalmente le comunità microbiche e le interazioni metaboliche di microorganismi coinvolti nella biodegradazione degli inquinanti ambientali, consentendo non solo di identificare la frazione non coltivabile dei microorganismi ma anche di sequenziare nuovi genomi.
FIGURA 2. DIVERSI LIVELLI DI COMPLESSITÀ BIOLOGICA DELLE SCIENZE -OMICHE
Nel dettaglio, le tecniche biomolecolari più efficaci e che meglio si integrano in applicazioni di campo per eseguire il biomonitoraggio nell’ambito di un intervento di biorisanamento su scala reale, sono gli approcci di genomica (PCR quantitativa, qPCR) e trascrittomica (Reverse Transcriptase qPCR, RT-qPCR) quantitativa. Queste tecniche ci consentono in primis di individuare e quantificare i biomarcatori relativi ai processi di biodegradazione di interesse (qPCR) e il loro livello di espressione genica (RTqPCR), ossia di stimare l’attività metabolica di determinati microorganismi verso specifici contaminanti di interesse. Inoltre, può talvolta essere utile ricorrere ad approcci basati sull’analisi diretta delle cellule microbiche di interesse, mediante tecniche di ibridazione fluorescente in situ (FISH, CARD-FISH) che ci consentono, previo adeguato trattamento e preparazione del campione direttamente su campo, di visualizzare e quantificare i microorganismi tramite una visualizzazione diretta in microscopia ed epifluorescenza.
Un altro importante aspetto da considerare ai fini di un efficace biomonitoraggio, riguarda la caratterizzazione del microbioma, ossia dell’intera comunità microbica, di una matrice ambientale impattata mediante sequenziamento del gene 16S rRNA o dell’intero metagenoma (metagenomica), consentendo di decifrare le potenziali funzioni metaboliche dei microorganismi presenti nel sito contaminato. Infatti, poiché le matrici ambientali sono caratterizzate da comunità microbiche complesse in cui convivono nicchie che possono competere per i processi biodegradativi, o al contrario essere in sinergia con i microorganismi coinvolti nei processi di biodegradazione, gli approcci di sequenziamento sono di supporto per capire se, da un punto di vista microbiologico, sussistono o meno le condizioni per attuare delle strategie di bonifica biologica.